In questo periodo difficile in cui la pandemia sta colpendo così duramente tutti c’è una categoria che sta venendo colpita in modo silenzioso e sotterraneo ma non per questo meno drammatico.
Sono i giovani.
Ai giovani le Istituzioni stanno facendo scontare la loro impreparazione -privandoli della socialità della Scuola in presenza, limitando le occasioni di aggregazione (spesso ridotte è vero a mero vagare insensato o inebetito ma non per questo meno importanti nella formazione della personalità di quell’ “essere sociale” che è l’essere umano), limitando o vietando l’attività sportiva e vietando le attività culturali che non siano solitarie (cartacee o on-line).
I giovani quindi sono da una parte meno esposti alle conseguenze più gravi del contagio dal punto di vista della salute ma rischiamo che siano i più esposti – soprattutto nel lungo termine – alle conseguenze sociali e psicologiche mettendo così a rischio il tessuto futuro di un’intera società.

Se nel picco della pandemia altro non si può fare che attenersi ai provvedimenti presi – sempre un po’ con l’acqua alla gola (e non ci riferiamo tanto alla prima quanto alla seconda ondata) – dalle Autorità, possiamo però interrogarci sul dopo.
“Ha dda passà ‘a nuttata” direbbe Eduardo e quindi finito il contagio ci sarà un tempo entusiasmante e pieno d’energia, sebbene povero e duro, di ricostruzione.
Molti sognano un semplice ritorno alla situazione precedente febbraio 2020 ma a un’analisi appena appena più attenta è chiaro che non sarà così. In questi mesi sta cambiando il tessuto economico e produttivo e le conseguenze sull’intera struttura sociale sono difficilmente immaginabili.
Ancora una volta però sembra mancare una visione per il futuro.
In particolare per il futuro dei giovani.
Noi che con i giovani -e con giovani sensibili intelligenti appassionati- lavoriamo da sempre stiamo registrando il loro disorientamento: uno scoramento una sfiducia nel futuro un’angoscia crescente che non trova risposte nel mondo Istituzionale e in generale nel mondo adulto.

Sempre più spesso riceviamo e-mail e telefonate con richieste più o meno esplicite più o meno dirette più o meno arzigogolate di aiuto.
Stiamo cercando di dare risposta a queste richieste. Una risposta non consolatoria ma positiva e motivante.
Inoltre sempre più spesso i giovani ci testimoniano come la loro preoccupazione non sia solo quella concreta e legittima legata al futuro lavoro o alla realizzazione professionale.
Sempre più esprimono bisogni legati alla loro interiorità al desiderio di costruire una vita soddisfacente al di là dei miti del successo e del denaro che hanno inquinato la nostra società da trentanni a questa parte.
Molti giovani ci hanno testimoniato sia durante il primo che il secondo lockdown la fatica di non poter frequentare Studionovecento percepito non solo come un luogo dove fare un’attività piacevole e gratificante come il teatro ma come un luogo accogliente
culturalmente e spiritualmente stimolante in cui potersi formare attraverso il libero e rispettoso gioco delle idee.
Ci siamo chiesti allora cosa possiamo fare per questi giovani al di là di ciò che già facciamo per rispondere ai loro bisogni e alle loro richieste.

Abbiamo pensato a un grande Progetto di Formazione e Ricerca che ruota attorno al teatro e ha il duplice obbiettivo di fornire professionalità spendibili anche al di fuori dell’ambito teatrale (comunicazione web; videodocumentazione; illuminotecnica; scrittura creative etc.) ma anche e forse soprattutto di favorire la crescita di personalità armoniose capaci di relazionarsi positivamente al mondo e di dare un contributo rilevante e luminoso alla costruzione del mondo di domani.
Volete aiutarci?
Da soli non abbiamo le forze per realizzare il Progetto. Molti ragazzi scontano anche economicamente le conseguenze della pandemia e rischiano di essere esclusi per ragioni di mancanza di mezzi.
Volete aiutarli? E aiutando loro fare un regalo a voi stessi?
Non vogliamo allettarvi promettendovi doni – che pure sono previsti in una sorta di baratto culturale – perché pensiamo che il dono porti già con sé la sua ricompensa. Il semplice dono piccolo o grande che sia se è fatto non per tornaconto o per dovere migliora il nostro umore la nostra giornata la qualità stessa della nostra vita.
Il nostro dono per piccolo che sia e al di là della nostra possibilità di vederlo contribuisce a cambiare il mondo.
La nostra in generale e quella proposta da questo Progetto in particolare è un’attività immateriale: non è e non vuole essere un prodotto o peggio una merce. È però davvero uno scambio: noi vi offriamo la possibilità di aiutare dei giovani a ritrovare la strada dopo la pandemia e i lockdown e alla fine come ringraziamento un racconto (anzi due!). Ma in realtà facendo un regalo a questi giovani fate un regalo a voi stessi e al mondo che verrà.